PAU BRASIL Sogni & Vacanze |
LADRI A BAHIA
(Titolo Originale IL TURISTA MOZZARELLA) |
Giancarlo - Imola Lug. 2005 |
Una storia vera con un finale . . . sorprendente
La vecchia bahiana, grassa e vestita di bianco, mi guarda incuriosita e ammicca alla mulatta seduta accanto. Salvador de Bahia da l'impressione di essere parte di un altro paese. Il Brasile nordestino. Altre facce, più scure e sorridenti, altri modi. L'aria è diversa. La strada dall'aeroporto al Pelourinho è una deliziosa avenida sull'oceano, orlata di palme e spiagge di sabbia finissima. Percorrerla con l'autobus cittadino è meraviglioso. La faccia contro il finestrino, seduto in disparte, verso le uniche lacrime di tutto il viaggio. Chissà perché. Pelourinho, patrimonio dell'umanità per l'Unesco. Non c'era bisogno di loro per accorgersene. Basta fare due passi per le stradine. Su e giù da Praca da Sé, verso il quartiere di Sant'Antonio oppure verso la Cidade Baixa. Si respira Sudamerica, si respira Africa. Il centro del mondo. Percussioni axè, reggae, maracatu. Mi investono insieme ai colori e agli odori della cucina bahiana, forti, irripetibili. E sorrisi. Tonnellate di sguardi amichevoli e sorrisi. Devo solo capire chi sta cercando di vendermi cosa, giusto per saperlo, esserne cosciente. Mica si può viaggiare in un paese povero e pretendere di non essere disturbato. Meglio semmai mimetizzarsi, fare il possibile per apparire meno turista mozzarella. Odio viaggiare sembrando europeo. Odio i ristoranti per turisti, i souvenir idioti made in, le banche per i turisti, le foto da cartolina. Arriva sera e mi sento io. E' lunedì, o martedì forse, non ha importanza. La giornata spesa sulle spiagge di Itapuà è stata meravigliosa. Ho mangiato Acarajè e bevuto succo di Cajù per tutto il giorno, agua de coco, cerveja. La ragazza del baracchino aveva occhi chiari... Abbiamo parlato e parlato... La sera in bagno canticchiavo pensando a lei, mentre aggiustavo il ciuffo davanti a uno specchio malridotto. Al Pelourinho la musica dal vivo, di notte, è ovunque. Decine di gruppetti suonano uno accanto all'altro confondendosi in un unica melodia. Il ritmo mi coinvolge, con un bicchiere di lata de cerveja bem gelada in mano, mi lascio andare, fino a quando la situazione precipita: per un inspiegabile effetto calamita, mi affianca un altro italiano che comincia a decantare le miracolose proprietà della pasta al sugo e dei tortellini, e a commentare il passaggio di ogni ragazza con la bava alla bocca. Appena si volta sono già sparito. Non è così che si vive a Salvador. Toma uma cerveja e danca, menino ! Cambio posto e mi dò al Pagode, forse per rivivere un istante di Rio de Janeiro. Passeggio lungo un vicolo stretto e affollato, tra i negozi di souvenir per turisti e i bar con impianto stereo sparato al limite del sopportabile. Vedo un viavai insolito davanti a una porta, un corridoio che conduce chissà dove. Curioso. Cerco di interpretare la scritta dipinta a mano sopra lo stipite. Le uniche parole che comprendo sono roots e reggae. Tanto basta. Mi inoltro in un passaggio stipato all'inverosimile di gente che neanche la metro di Londra alle cinque... Cartacce in terra, suoni di voci rimbombanti. Sbuco all'aperto, e risalgo un piccolo promontorio, per finire in un sorta di favela, fatiscente e festosa. Birra a fiumi ... Dietro un telo nero, un gruppo Reggae pompa il levare. Bassi che sfondano le budella. Mi guardo intorno e non vedo neanche un turista. Il mio posto ideale. Non so una parola di portoghese nulla più che bom dia, tudo bom ? e roba simile... La musica è divina. Nessuno suona come i brasiliani. Altro che Kingston. Conosco alcuni ragazzi, ridiamo, balliamo, beviamo. Sono capitato proprio bene. Mi sento un figo, un cittadino del mondo. Decido di offrire un giro di birre. Viene con me al baracchino il tipo con la faccia più losca dei cinque. Niente di speciale, solo dei tratti un po' malandrade, gente di favela. C'è fila davanti a me, altre due ragazze stupende. Sono in paradiso, credo. Cos'altro può essere ? |
Il losco è dietro, ogni tanto mi giro e sorride. Tocca a me, ordino in portoghese con orgoglio, ripeto l'ordine tre volte. Un po' di trambusto. Tiro fuori il portafoglio, lo apro, poi scambio una battuta con il tipo losco. Un attimo. Riguardo il portafoglio per prendere i soldi necessari e mi viene un colpo. Vuoto, non ci sono più banconote, tranne un paio da 10 reais. Che cosa è successo ? Sono uscito con almeno 200 reais. Dove sono i soldi ? Panico. La ragazza al bancone mi vede sbiancare, tento di spiegarle, mi dice che succede sempre, specialmente con i turisti. Che è pieno di ladri, soprattutto a queste feste non ufficiali, dove non c'è la polizia turistica. Merda, merda, merda !!! Dimentico il portoghese in un attimo. Le bestemmie sono in italiano purissimo. Mi sono fatto fregare così, come un allocco. Chi è stato ? Mi giro verso il tipo losco. Chi altri ? Bastardo, cosa fai ? Mi sorridi e poi mi derubi così ? Deve aver cacciato la mano nel mio portafogli quando mi ha parlato, dopo che l'ho tirato fuori. Mano lesta, questione di frazioni di secondo. Ha arraffato il mazzetto di banconote. Prendiamo le birre e torniamo dagli altri. Sono incazzato nero. Più tutti mi chiedono com'è andata e tentano di consolarmi, più la rabbia monta dentro di me. Mi rovino la serata, bevo birra a lunghe sorsate, si è rotto qualcosa con i ragazzi. Non posso dividere lo spazio con qualcuno che mi ha fregato, non ci riesco, meglio cambiare aria. Loro non capiscono, mi guardano con facce tristi, mi fanno bere, mi chiamano fratello. Magari poi si dividono il bottino... Pago i tre reais per passare il telone nero, ad assistere il concerto. Loro non hanno i soldi, o non li vogliono spendere, per fare solo qualche metro più avanti e vedere la band, oltre che sentire. Pazienza, ci vado da solo. Ho bisogno di allontanarmi. L'umore è sotto le scarpe. La musica è fantastica però, mi lascio andare, penso ai soldi, in Euro è pochissimo... chi se ne frega... Una ragazza mi guarda con occhi dolci, beviamo insieme e balliamo. Salvador de Bahia, il centro del mondo. Verso mattina incrocio ancora i ragazzi di prima, mi salutano calorosamente, ricambio... Mi fanno capire che gli dispiace, sembrano dire, "Il nostro amico Losco è così...". Torno a casa, sono a pezzi, mi appoggio al letto e crollo nel sonno. Mi sveglio alle 11.50, madido di sudore, la pala che gira sul soffitto non farebbe fresco neppure se fossimo in Lapponia. Mi butto sotto la doccia, penso alla nottata. Sentimenti opposti mi assalgono. Mi vesto, prendo il portafogli e la guida della città. Un momento... Un gonfiore strano in tasca, che mi ricorda qualcosa. Frugo e trovo le banconote piegate. Tutte. I 200 reais che avevo la sera prima, appena uscito. Non ci credo. Li avevo imboscati in saccoccia, prima di avventurarmi alla festa reggae. Regola numero uno per il dannato turista mozzarella. Penso ai ragazzi di ieri, non c'entravano niente, il tipo losco, il capellone, tutti... Mio Dio. Mi sento morire. Maledico la mia esistenza, la mia attitudine disfattista. Il mondo diffidente in cui vivo, tutto quello che ho. Mi sento male, davvero. Ma la vacanza è finita. Devo partire. L'amaro in bocca mi impedisce di gustare l'ultimo giorno a Salvador. Vorrei fare qualcosa, ma cosa ? Meglio cuocere nel mio misero brodo, che l'italiano rompicoglioni della sera prima apprezzerebbe con due tagliatelline... Italia. Arrivo alla Malpensa, piove, sciopero dei treni quel giorno, il metrò sembra non funzioni, la polizia al controllo passaporti ci mette una vita. Raggiungo il ritiro bagagli. Del mio neppure l'ombra, lascio l'aeroporto con il numero di telefono degli Oggetti Smarriti. Malpensa, 12 Febbraio 2002. Un altro scandalo all'aeroporto di Malpensa, alcuni impiegati dello scarico bagagli sono stati sorpresi nell'atto di rubare valige a passeggeri di voli internazionali con scalo. La polizia ha sgominato una vera e propria organizzazione criminale che rivendeva poi gli oggetti trafugati a ricettatori nel varesotto. |